Etimologia del nome
Due sono le ipotesi consolidatesi nel tempo: la prima è quella che fa derivare il nome dal messapico Brention o Brentesion, che significa “testa di cervo”, con allusione alla forma del porto; la seconda è che derivi da Brento, figlio di Ercole, eroe greco fatto approdare dalla fantasia di poeti antichi sulle coste della penisola, per dare nobili natali alla città. Ai nostri giorni le scoperte avvenute nel 1992 al largo della costa brindisina di resti di statue e altri manufatti di bronzo hanno dato vita all’ipotesi secondo cui il nome derivi da “bronzo”, ipotesi suffragata da antichi documenti in cui si parla della presenza, fin da tempi remoti, di numerose fonderie a Brindisi le quali, verosimilmente, avrebbero potuto raccogliere rottami e pezzi di statue per farne altro uso. In ogni caso la prima ipotesi è quella più accreditata, anche perché bisogna tener conto del fatto che la fondazione della città si fa risalire ai messapi, da cui deriverebbe il nome.
La Storia
“Passeggero, se non ti reca disturbo, fermati e leggi […] qui ho deposto i miei affanni e le mie fatiche […]”. Il saluto, che risale al primo secolo d.C., è di un anonimo commerciante che, immaginando se stesso sepolto a Brindisi, si rivolge a chi passa per la città.
A quel tempo Brindisi –Brundisium per i romani- era un municipio romano (la città, fondata probabilmente dai messapi, divenne colonia romana nel 267 a.C. e municipio nel 247 a.C.). In essa finiva la Via Appia, che partiva da Roma e, toccando Formia, Benevento, Taranto, rappresentava il percorso più breve per imbarcarsi su navi dirette in Grecia o in Asia.
L’importanza della Via Appia era cresciuta di pari passo con quella di Brindisi: quando Appio Claudio il Cieco, nel IV secolo a.C. aveva dato l’avvio ai lavori di costruzione della via, la città era un fiorente centro messapico, la cui cultura è documentata, tra l’altro, da iscrizioni e ceramiche.
Cicerone, al tempo del suo esilio, vi trovò ospitalità presso la famiglia Flacca; Ottaviano e Marco Antonio vi strinsero il patto che li riconciliava; vi sostarono Orazio e Virgilio che, secondo la tradizione, sarebbe morto nel 19 a.C. in una casa nei pressi del porto.
Roma innalzò i brindisini al rango di cittadini romani e costruì nella città terme, acquedotti, templi, monumenti.
Dopo la caduta dell’Impero romano anche Brindisi fu preda dei saccheggi di goti, ostrogoti, saraceni e solo dopo la conquista da parte dei normanni verso il 1070 si ebbe la sua rinascita dopo secoli di degrado. Dal suo porto cominciarono a salpare, oltre a quelle dei mercanti, le navi dei crociati e dei pellegrini diretti in Terra Santa.
Con l’avvento degli svevi, invece, iniziò un nuovo periodo di regresso. Essi soffocarono le esigenze di autonomia della città, che si ribellò più volte.
Dei progressi si ebbero con gli Angioini, i quali fecero avanzare Brindisi sia nel settore edilizio che economico, portarono a termine le fortificazioni, ingrandirono il porto ed eressero un castello, oggi non più esistente.
La vera e propria opera di ricostruzione fu attuata dagli aragonesi dopo i gravi danni causati dal terremoto avvenuto nel 1456. Gli aragonesi legarono il loro nome al Castello Aragonese o Alfonsino sull’isola di Sant’Andrea (Forte a Mare). Tuttavia essi non riuscirono a difendere il proprio regno dalle mire espansionistiche del re di Francia Carlo VIII: chiesero aiuto ai veneziani, ma questi, come contropartita, chiesero ed ottennero nel 1496 il possesso temporaneo di alcune città della Puglia, fra cui Brindisi.
Dopo tredici anni di dominio veneziano Brindisi cadde in mano degli spagnoli: questo periodo coincise con una profonda crisi economica e sociale a cui contribuirono il terremoto del 1667, epidemie e carestie. Il malcontento sfociò nella lapidazione del sindaco Francesco Ronzana.
In seguito cadde sotto la dominazione dei Borboni, durante la quale la città, dimenticata dall’autorità centrale, cadde in preda della miseria e della malaria, al punto che la popolazione si ridusse in modo drastico. Il degrado apparve così grave che ci fu la proposta di interrare il porto e abbandonare la città. I brindisini, però, riuscirono ad ottenere che una commissione studiasse la situazione e proponesse i lavori necessari, eseguiti intorno al 1840.
Quando il sud fu annesso al Regno d’Italia e fu aperto il canale di Suez (1869) Brindisi divenne il porto d’imbarco della cosiddetta “Valigia delle Indie”, un servizio ferroviario e marittimo tra l’Inghilterra e le Indie.
Durante la Prima Guerra Mondiale la città ebbe un importante ruolo strategico per le operazioni belliche sul mare Adriatico e nel 1927 cessò di appartenere alla provincia di Lecce, diventando provincia autonoma.
Anche durante la Seconda Guerra Mondiale svolse un ruolo strategico per le operazioni militari in Grecia, Jugoslavia e Africa settentrionale. Nel settembre del 1943 vi si rifugiarono il re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio facendo di Brindisi la capitale d’Italia fino al febbraio del 1944.
Nel dopoguerra la città, che aveva subito gravi bombardamenti, iniziò l’opera di ricostruzione e di ripresa economica con la costruzione di nuovi quartieri e l’insediamento di un grande centro petrolchimico (Montecatini).
Oggi l’economia della città si basa soprattutto sul terziario, sull’agricoltura intensiva e sul turismo di transito.